Architettura sostenibile: significato, cause, storia, normativa.

L’architettura sostenibile è un tema relativamente recente.
O meglio: fino al XIX secolo l’architettura è sempre stata per sua natura sostenibile.
Da un lato perché l’uomo, prima a livello intuitivo, poi artigianale, ha sempre dimostrato una particolare propensione nello scegliere con cura il sito per l’edificazione, le tecniche e i materiali da costruzione, che per lo più erano offerti dal territorio circostante; dall’altro perché il numero della popolazione mondiale era nettamente inferiore rispetto a quello degli ultimi secoli, incidendo in maniera meno drastica sullo sfruttamento delle risorse naturali a disponibilità limitata.
Era sostenibile, paradossalmente, anche quando alcune grandi opere architettoniche facevano uso di materiali pregiati arrivati da lontano attraverso lunghe ed impervie navigazioni, e presentavano un conto decisamente poco sostenibile in termini di vite umane.
Ma cosa è, quindi, che ha reso l’architettura non più sostenibile?

INDICE


LE CAUSE

L’insostenibilità dell’architettura nasce nel momento in cui iniziano ad essere utilizzati i combustibili fossili per la produzione di energia, sia nel processo di produzione, che coinvolge anche il settore delle costruzioni, sia nello sviluppo di materiali e sostanze di natura chimica utilizzati nell’edilizia. A questo va aggiunto il miglioramento degli standard qualitativi e delle condizioni di vita all’interno degli edifici, che ha portato alla diffusione su larga scala di impianti di climatizzazione e riscaldamento, che rappresentano ormai da decenni una delle principali fonti di produzione di CO2 e gas inquinanti dell’interno pianeta.


CENNI STORICI

L’enorme quantità di energia disponibile offerta dai combustibili fossili e il progresso industriale e tecnologico, che ha portato nel XIX secolo allo sviluppo di nuove tecniche e materiali da costruzione, furono dunque l’innesco che causò la rottura del legame uomo-natura. Questa rottura fu tanto più evidente nel XX secolo.
Sulla spinta degli effetti inquinanti dello sviluppo industriale nacquero negli anni sessanta i primi dibattiti politici.
I fratelli Olgyay, due architetti americani di origine ungherese, applicarono per la prima volta il concetto di bioclimatica (già usato in campo botanico) alla progettazione architettonica, studiando secondo un approccio scientifico le problematiche connesse con le interazioni tra clima e architettura, approfondendo in modo particolare l’aspetto del controllo solare.
A partire dagli anni settanta nacquero i primi partiti verdi della storia: nel ‘72 in Australia e nel ‘73 quello Britannico, che fu il primo a livello europeo. 


LA SITUAZIONE IN ITALIA

In Italia il primo partito ecologista fece la sua comparsa nel 1985 e il dibattito si declinò anche in termini di tutela del territorio e del patrimonio culturale, minacciato dalla smisurata speculazione edilizia portata avanti nel secondo dopoguerra con l’alibi della ricostruzione.
Negli anni ‘50 fu accantonata la Legge Urbanistica Nazionale (1150/42) e attraverso frettolosi piani di ricostruzione, che non prevedevano analisi specialistiche, venne realizzata una quantità impressionante di edificato, spesso anche in terreni inadatti e zone a rischio idrogeologico.  
Nel ‘55 un piccolo gruppo di intellettuali decise di reagire fondando Italia Nostra, una delle prime associazioni ambientaliste italiane.
Negli anni ‘60 un’inchiesta del ministero dei Lavori Pubblici rivelò un quadro drammatico: solo in ¼ dei comuni italiani, erano stati lottizzati in pochi anni 5.000 ettari di superficie, per un totale di oltre 18 milioni di vani: quanti ne sarebbero bastati per colmare il fabbisogno dell’Italia fino al 1980. La speculazione andò avanti per anni, producendo effetti tutt’oggi visibili, e solamente la Legge Ponte (765/67) riuscì in qualche modo ad arginare questo fenomeno, introducendo la licenza edilizia e limitando l’edificazione nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici, vale a dire circa il 90% di essi.


I FATTORI DI RISCHIO

Uno dei principali effetti dell’inquinamento e della produzione incontrollata di gas serra è il riscaldamento globale, teorizzato dalla comunità scientifica già a partire dal XIX secolo.
Il surriscaldamento della superficie terrestre e lo sfruttamento di risorse non rinnovabili, se non adeguatamente contrastati, potrebbero compromettere irrimediabilmente l’equilibrio uomo-natura e mettere addirittura a rischio la vita sulla Terra. 


LE RISPOSTE NORMATIVE

Per questo, nel 1997, vennero dettati i princìpi per un primo accordo internazionale, noto come Protocollo di Kyoto, che aveva come obiettivo quello di abbassare la produzione di gas serra entro il primo decennio del nuovo secolo. 
In Italia era già in vigore la prima normativa sul risparmio energetico, la famosa legge 10/1991, che introdusse il concetto di zona climatica e l’obbligo della relazione energetica ad opera di un tecnico abilitato.
L’Europa, che doveva il 40% dei suoi consumi energetici al settore residenziale e terziario, principalmente a causa degli edifici, si impegnò nei primi anni 2000 al conseguimento dell’obiettivo 20-20-20, cioè alla riduzione del 20% il consumo di energia entro il 2020.
A tale scopo venne rilasciata una importante direttiva europea (Direttiva 2002/91/CE), che tra le altre cose introdusse l’attestato di certificazione energetica (oggi attestato di prestazione energetica) e che verrà recepita dall’Italia con il D. Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, che disciplina ancora oggi, con alcune modificazioni, la materia in tema di rendimento energetico dell’edilizia. 


ASPETTI PRINCIPALI DELL’ARCHITETTURA SOSTENIBILE

L’architettura sostenibile è un termine dunque che descrive un approccio progettuale mirato alla ricerca di soluzioni che garantiscano comfort agli attuali fruitori nel rispetto delle generazioni future, partendo dalla consapevolezza che molte delle risorse impiegate nel processo edilizio, a partire dai combustibili fossili, non sono illimitate, e che lo sperpero di risorse e l’inquinamento possono danneggiare irrimediabilmente il nostro pianeta.
La ricerca in questo campo ha introdotto nuovi concetti, come il ciclo di vita di un edificio, che permette di fare un bilancio del suo impatto sull’ambiente in tutte le sue fasi: estrazione materiali, trasformazione in semilavorati, costruzione fabbricato, periodo di utilizzo, fine utilizzo e dismissione.

Ma quali sono i principali aspetti che concorrono alla realizzazione di un progetto improntato sulla sostenibilità?
Eccone una breve riepilogo:

  • Risorse energetiche:
    • privilegiare fonti rinnovabili

  • Approccio minimalista
    • ridurre dimensioni ed eliminare eccessi

  • Riduzione consumi energetici:
    • approccio bioclimatico
    • cura della coibentazione
    • efficienza impianti

  • Uso di materiali biocompatibili:
    • privilegiare materiali sulla base del loro ecobilancio
    • materiali regionali sul principio della filiera corta

  • Riciclo e riuso:
    • privilegiare sistemi di costruzione a secco e l’uso di elementi modulari facilmente smontabili e riutilizzabili
    • riuso dei materiali
    • riuso delle strutture degli edifici
    • evitare il consumo di suolo

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